Pubblicato in: Soldi e risparmio

Beppe Scienza: "Le banche sono sicure ma attenzione al risparmio gestito"

di Alessia 28 ottobre 2008

Seguo sempre con interesse gli interventi del professore Beppe Scienza, matematico ed esperto di risparmio dell’Università di Torino. Ho trovato molto istruttiva l’intervista che gli è stata fatta da Claudio Turrini di Toscana Oggi in cui l’autore del ‘Il Risparmio Tradito’ parla della crisi finanziaria mondiale e della situazione in cui versano le banche italiane. Secondo Scienza l’unico modo per tutelarsi è quello di disinvestire dai fondi comuni e comprare titoli di stato ed obbligazioni. E comunque dire sempre di no a tutto quello chela banca propone perchè “la specialità delle banche italiane è rifilare robaccia, cioè prodotti studiati apposta per portare via legalmente più soldi possibile ai risparmiatori“.

L’articolo l’ho trovata sul blog di Beppe Scienza. Lo riporto integralmente qui di seguito

Banche sicure ma il rischio è nel risparmio gestito
DI CLAUDIO TURRINI

Nostra intervista al professor Beppe Scienza, esperto di risparmio e previdenza: «Qui la specialità delle banche italiane è rifilare prodotti studiati apposta per portare via legalmente più soldi possibile ai risparmiatori…»

Le banche italiane non falliranno. Ma faremmo bene a stare attenti lo stesso. Perché in Italia il sistema creditizio si mangia 20 miliardi di euro all’anno, con il cosiddetto «risparmio gestito». L’allarme viene da Beppe Scienza (nella foto), docente di «Metodi e Modelli per la Pianificazione Economica» all’Università di Torino. Un esperto del risparmio e della previdenza integrativa, che studia dal 1976. E sui quali ha scritto anche diversi libri, come Il risparmio tradito e La pensione tradita, nel quale metteva in guardia gli italiani dalla roulette dei fondi pensione.

  • Professore, era prevedibile una crisi finanziari di queste dimensioni? «Sono uno che tendenzialmente ritiene che il futuro sia imprevedibile, a differenza di tanti che si credono onniscienti. Quello che si poteva dire – e io lo scrissi già nel 2003 nel libro Fondi, polizze e Parmalat. Chi è peggio? – è che non era sicuro che Lehman Brothers sarebbe ancora esistita dopo dieci anni. Badi bene che io non sapevo niente di particolare, ma bisognava dirlo che certi emittenti erano a rischio e altri no. La Francia non era e non è a rischio, Lehman Brothers e altri erano e sono a rischio».
  • Quindi sono stati sottovalutati i rischi… «Economisti, analisti finanziari e giornalisti economici hanno sempre sorvolato su tali rischi. Le associazioni di consumatori poi hanno aspettato il patatrac per accorgersi che la lista di obbligazioni sicure delle banche (cioè di Patti Chiari) era una buffonata».
  • Si può dire comunque che sono state commesse delle leggerezze? «Certo che si può dire. C’è stata molta incompetenza, una colpevole e generale minimizzazione dei rischi e una diffusa faciloneria».
  • Tutto sembra esser nato dall’eccessiva facilità con cui negli Usa sono stati concessi mutui immobiliari. «Non ci sono solo i mutui. C’è stata una politica di tassi bassi sul dollaro che ha invogliato a indebitarsi, per fare scommesse. C’è stata una mancanza di controlli e di regolamentazione. E questo è colpevole. È il modello anglosassone. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si sono sempre opposti a controlli sulle banche di investimento, sugli hedge fund (fondi speculativi, ndr) ecc. Mentre l’Europa e in particolare la Germania li voleva. Se ci fossero stati controlli maggiori queste banche non sarebbero riuscite a lanciarsi in giochetti rischiosi, distribuendo barche di soldi ad amministratori e dirigenti vari negli anni passati, fino ad arrivare a questo punto».
  • Lorenzo Bini Smaghi, componente italiano della Bce, ha ipotizzato l’ingresso dei governi nel capitale delle banche europee, per poterle risanare, cambiare il management se incapace e poi ricollocarle sul mercato risanate, realizzando anche un plus valore. Che ne pensa? «Potrebbe anche essere ragionevole. Però io non amo fare grandi analisi né prospettare soluzioni macroeconomiche. Quello che credo di saper fare è indicare la decisione migliore, in casi concreti dove uno può compiere una scelta».
  • Ad esempio? «Il caso concreto è questo. Uno ha un fondo comune. Ebbene, non sa quello che c’è dentro. Non glielo dicono. È tutto segreto. Ma allora se vuole stare tranquillo deve fare una cosa semplice: disinvestire e comprare titoli di stato o anche obbligazioni. Ma così decide lui se rischiare niente o tanto. Questa è la mia proposta concreta: uscire da fondi e gestioni e comprare direttamente titoli a reddito fisso (e anche azioni, se proprio uno vuole)».
  • Ma il cittadino comune è in grado di fare una scelta del genere? «È molto semplice. Si chiede il disinvestimento del fondo, si prendono i soldi (magari con un assegno circolare), si va alla Posta e si sottoscrive un buono fruttifero postale».
  • Però magari ha già sottoscritto un fondo pensione. «Dai fondi pensione non può uscire: li uno è incastrato. Ma la maggior parte del risparmio non è in fondi pensione».
  • Secondo il Fondo Monetario in pochi mesi sono stati bruciati dalle borse 1.300 miliardi di dollari. Cosa succede ai fondi pensione italiani? «Quasi tutti gli italiani che l’anno scorso hanno aderito alla previdenza integrativa ci hanno rimesso rispetto al mantenere il Tfr in azienda. Per correre meno rischi bisogna scegliere, se non altro, la linea garantita. A volte però occorre aspettare due anni per poterlo fare».
  • I crac Cirio e Parmalat hanno insegnato poco… «Ho sempre ritenuto sbagliato concentrarsi solo sui tre crac Argentina, Cirio e Parmalat. Il primo e l’ultimo sono grossi, ma restano eventi isolati, molto particolari. Quando scrissi Il risparmio tradito non era ancora capitato nulla e continuo a ritenerli casi marginali, per quanto gravi. I soldi gli italiani li perdono soprattutto nel risparmio gestito o nelle polizze vita. Quelle tre insolvenze hanno arrecato una perdita nell’ordine di 10 miliardi di euro: è quanto gli italiani ci rimettono col risparmio gestito ogni sei mesi».
  • Ma questi crac possono comunque ripetersi? «Ce n’è uno che potrebbe aggiungersi. È quello dell’Alitalia. Si è parlato giustamente dei suoi lavoratori, ma c’è un altro problema nella crisi della compagnia di bandiera italiana. Sarebbe brutto infatti se il quarto grosso crac, dopo Argentina, Cirio e Parmalat, fosse proprio uno che coinvolge addirittura il Tesoro. I risparmiatori hanno acquistato le obbligazioni Alitalia, proprio perché si fidavano di una società sostanzialmente pubblica. In totale sono circa 300 milioni di euro in mano ai privati, che non si sa che fine faranno. La perdita percentuale potrebbe essere minima o anche ingente».
  • Le Banche italiane sono sicure? «Bisogna distinguere tre aspetti. Primo, i soldi che uno ha in libretti o conti correnti bancari. Qui si può stare tranquilli: c’è infatti una volontà politica fortissima, ferrea, di impedire perdite per evitare le famigerate e catastrofiche corse agli sportelli (per prelevare tutto). Secondo, le obbligazioni emesse dalle banche. E anche lì ritengo estremamente improbabile che una banca italiana fallisca. Terzo, tutto quanto la banca consiglia come investimento o soluzione previdenziale. Qui la  specialità delle banche italiane è rifilare robaccia, cioè prodotti studiati apposta per portare via legalmente più soldi possibile ai risparmiatori. Quindi il mio consiglio è dire di no a qualunque proposta della banca. Significativo che le banche non consiglino mai titoli di stato. È davvero curioso. Si tratta dell’investimento principe nel reddito fisso in tutti gli stati, in Italia come in Francia o Germania… eppure le banche italiane li sconsigliano sempre».
  • Il presidente della Banca Centrale europea Jean Claude Trichet ha dichiarato che questa è la crisi più forte dagli anni ’30. C’è da preoccuparsi? «Se lo dice lui… Commenti simili sono davvero un po’ inquietanti. In genere le autorità monetarie tendono a rassicurare».

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